Nino Galvagno
Maletto e Mons. Palermo:
una comunità e il suo pastore
Seconda edizione
Associazione Prometeo Maletto
MALETTO 1995
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L'IMPORTANZA DELLA STORIA LOCALE
(Introduzione alla presentazione della tesi di laurea sulla figura di Mons. Mariano Palermo del Sac. Antonino Galvagno).
Gli antichi romani dicevano che è vergognoso vivere in patria ignorando la storia di essa.
Infatti il passato di un popolo costituisce la sua radice e la sua cultura, e la sua conoscenza contribuisce a meglio organizzare la società attuale, se non altro per evitare il ripetersi di errori già commessi. Non a caso si dice che "La storia è maestra di vita".
La storia, poi, di un comune e, in specie, di un comune piccolo come il nostro, è funzionale al presente perché è un continuo divenire e un susseguirsi di avvenimenti tutti concatenati e legati e che alla fine portano alla situazione sociale, economica, culturale presente.
Inoltre, la storia di un comune non è storia semplicemente locale, ma essa è una piccola parte che serve a comporre una grande parte che è la storia nazionale. Comporta una visione globale degli avvenimenti generali, ma scende al semplice, al particolare, si polverizza nei fatti piccoli e spiccioli che riguardano la vita della comunità che si vuole evocare e che poi serviranno alla trattazione della storia di un intero popolo, di una nazione.
Questa piccola storia racconta le sofferenze affrontate con coraggio dalla popolazione del luogo per avanzare nel tempo e nel progresso affrontando lutti, sacrifici e duro lavoro per conquistare sempre più nuove situazioni di progresso e di civiltà.
Così è per Maletto. Una piccola comunità formatasi durante quattro secoli, isolata per lungo tempo dal resto del mondo, pressoché totalmente sconosciuta, che tuttavia ha una sua identità culturale, una sua tradizione, una sua storia seppure costituita da piccoli fatti che per questo popolo sono stati fondamentali per la sua esistenza.
Quando si cominciò a pensare di conoscere un poco la storia di Maletto, le notizie e le fonti disponibili allora erano scarse. Qualche notizia sull'origine del castello e del feudo, la concessione feudale per la costruzione del primo centro abitato, la concessione del mero e misto impero, la concessione del titolo di Principato e qualche altra cosa pubblicata da storici e ricercatori dei secoli scorsi in opere di carattere generale che trattavano della storia della Sicilia.
Per i più tali notizie, unite a racconti e leggende popolari, bastavano per la storia di Maletto.
Eppure, qualche altra cosa doveva esserci, perché Maletto pur essendo stata una piccola comunità feudale prima e un piccolo comune poi, doveva pur aver lasciato qualche traccia più significativa della sua esistenza. E piano piano, cercando con pazienza e con più o meno costanza, sono venuti fuori altri documenti e altre fonti, sia a livello locale, da quel che resta dell'Archivio comunale, dall'Archivio parrocchiale e da documenti privati e sia a da fuori, dall'Archivio di Stato di Catania, di Palermo e da altri Archivi pubblici e privati.
Così è stato pubblicato nel 1982 il volumetto sulle memorie storiche, che nelle intenzioni degli autori voleva dare inizio a quegli studi e ricerche sulla storia patria tendenti anche ad esaltare l'animo ed il cuore di ognuno e con l'augurio che potesse essere un incentivo per spingere altri inclini ad un avvio di tali studi di tipo storico - municipali, sociologico, economico che riguardano il nostro paese.
Seguirono delle pubblicazioni di articoli su stampa quotidiana e soprattutto specializzata, incentrati anche sugli aspetti archeologici che nel frattempo erano emersi interessanti la zona Maletto - Bronte - Maniace.
Nel generale risveglio di sensibilità e nelle mutate condizioni culturali che attenzionavano i beni culturali, la loro ricerca, conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione, si costituì a Maletto l'associazione dell'Archeoclub d'Italia, composta da volontari, che divenne protagonista e promotrice di numerose iniziative culturali intese a valorizzare la zona di Maletto nei suoi diversi aspetti: ricerca storica, archivistica, archeologica, artistica, valorizzazione dello ambiente, anche per un suo possibile uso turistico. E quindi incontri e conferenze culturali, sia a livello locale che provinciale e regionale; mostre etno - antropologiche, fotografiche, di reperti archeologici, documenti e testimonianze del passato, incontri con le scuole etc.
Su iniziativa dello stesso Archeoclub furono pubblicati opuscoletti e materiale divulgativo su Maletto per gli studenti e i visitatori e, nel 1988,fu pubblicato un altro volumetto su Maletto e i comuni viciniori su iniziativa del distretto scolastico di Adrano.
Le ricerche di altre fonti e documenti sono nel frattempo proseguite, scoprendo che esiste un vasto materiale documentaristico che andrebbe ulteriormente studiato ed approfondito per dare un quadro ancor più completo della storia di questo paese, dei suoi abitanti e dei personaggi che
maggiormente di sono distinti nella vita pubblica e nel campo culturale.
Un segnale confortante e forse una svolta nel senso sopra auspicato, è costituito sicuramente dalla nascita a Maletto dell'associazione culturale Prometeo e dal giornalino Logos che ha consentito la pubblicazione di ampi stralci delle ricerche e documenti antichi su Maletto e che potrebbe, come dianzi illustrato diventare un punto fisso di riferimento per gli studi e la raccolta di dati in modo compiuto e costante e non più frammentario e saltuario.
Un esempio concreto è la mostra di documenti antichi di questi giorni, organizzata dai giovani della Prometeo.
Nelle ricerche effettuate si è partiti praticamente da zero, in quanto non si è potuto usufruire dei risultati che sicuramente altri prima avevano già acquisito, in quanto molto materiale di archivio è andato disperso, per incuria, insensibilità al problema o per altre cause. Però è certo che effettuando le opportune ricerche qualche cosa di sostanziale si potrebbe ancora trovare.
Secondo Rocco Pirri il Castello di Maletto fu costruito nel 1263 dal Conte Manfredi Maletta: occorre individuare ed analizzare altre fonti su questo evento.
Ai Maletta succedettero nel possesso del feudo gli Omodei da Randazzo, secondo quanto dice Vito Amico: occorre andare ad individuare la relativa documentazione negli opportuni fondi notarili.
L'investitura ufficiale e definitiva del feudo è del 1447 in favore di Ruggerotto Spadafora, da parte del re Alfonso il Magnanimo. Questo è un evento fondamentale perché è la costituzione formale del feudo di Maletto in uno alla licentia populandi e alla concessione del mero e misto e
imperio. I riferimenti storici sono riportati da testi e pubblicazioni, però occorre andare a ricercare i documenti e gli atti d'investitura per avere maggiori elementi.
Sarebbe auspicabile definire più dettagliatamente la costruzione del borgo, fra la fine del 1400 e il 1500,all'uopo studiando anche gli aspetti urbanistici del primo nucleo di abitazioni, continuando così l'opera intrapresa 15 anni fa dall'architetto Francesco Pellegrino da Catania.
Ricercare presso la curia di Messina l'exquatur per la costruzione della Chiesa di S. Michele del 1505.
Sistemare in modo organico e più razionale tutta la vasta documentazione esistente presso l'Archivio di Stato di Palermo sulla concessione del titolo di Principe di Maletto concesso da Madrid nel 1619 in favore del Michele Spadafora Bologna da parte del re Filippo III° e quindi la nascita definitiva della attuale comunità malettese.
Esplorare le vicende del 1700 ancora in massima parte oscure e quindi consultare le relative documentazioni presso l'archivio di Stato di Palermo e di Catania, l'archivio della curia di Messina alla quale Maletto apparteneva in quel periodo.
Infine e non ultima, la primaria esigenza della costituzione della sezione dell'Archivio storico comunale con la catalogazione ed inventariazione dei documenti in atto conservati in modo alquanto disorganico. Ciò consentirebbe ai ricercatori di accedere più facilmente agli atti e documenti del periodo, per formare un quadro ancor più chiaro e completo del secolo XIX che è il presupposto necessario ed indispensabile per lo studio dell'attuale secolo che già volge al termine. Questa esigenza non va disgiunta dagli opportuni collegamenti con l'archivio parrocchiale che parte dal 1619 e che da ultimo è stato in qualche modo sistemato.
Come è altresì necessario effettuare una ricognizione presso l'archivio di stato di Catania e presso l'archivio delle curie di Nicosia e di Catania, per sapere in modo più completo possibile cosa vi è in essi conservato; nei fondi dell'ex intendenza borbonica, della regia prefettura etc.
In materia di pubblicazioni già fatte, è opportuno verificare la notizia dell'esistenza di un manoscritto su Maletto conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo; trovare e studiare la vasta ricerca fatta dall'Avv. Gaetano Petrina in occasione della rivendicazione per l'abolizione dei censi sul territorio di Maletto che diede origine alla famosa rivolta del 1906; andare a ricercare tutte le memorie storico - giuridiche scritte dai legali del comune nelle secolari vertenze giudiziarie con gli eredi del Principe Spadafora a seguito dello scioglimento dei diritti promiscui; con il Comune di Bronte per la lite sull'ex feudo Nave; con altri privati nelle varie cause per il reintegro del demanio comunale a seguito di diverse usurpazioni; definire la liquidazione degli usi civici ancora gravanti, seppure non rivendicati dalla popolazione di Maletto, sulle tangenti di bosco assegnati al Comune con la decisione della Gran Corte del 1844 e il cui distacco fu eseguito nel 1856.
Ecco, seppure per sommi capi, il lavoro che ancora occorre fare per definire in modo compiuto la storia di Maletto e del suo popolo, che seppure povera in senso oggettivo, perché povera è stata di avvenimenti grandiosi per gli altri, è ricca per i suoi abitanti, perché è sua e costituisce le sue radici e la sua essenza.
Molto efficacemente è stato scritto in proposito: “ La storia di Maletto e del suo popolo è, in definitiva, quella di un casale di servi della gleba affrancatosi lentamente dal secolo XIII° al secolo XIX° : di una gente cioè, che, come il bestiame e gli attrezzi di lavoro avuti per dissodare i campi e costruire la fortuna del feudatario e signore, seguì in tutto e per tutto, giacché vi fu legato, le sorti stesse del feudo in cui nacque, faticosamente visse e morì, per molte e molte generazioni”.
Però già qualcosa è stata fatta. Infatti una delle maggiori figure, se non l'unica, che ha dato lustro e notorietà a Maletto, quella di Mons. Mariano Palermo, che fino ad ora è ricordata dai malettesi per la sua opera di carità e soprattutto per la costruzione della Chiesa Madre, è stata studiata ed approfondita nella brillante tesi di laurea di Padre Nino Galvagno, che dopo mesi di approfondite ricerche ha delineato molto efficacemente il personaggio, la sua opera e il suo apostolato e la comunità di Maletto nella seconda meta del secolo scorso.
Una figura che senza dubbio si eleva al di sopra di tutte le altre sia di quel periodo che dei tempi posteriori.
Intuì i bisogni e le necessità spirituali e materiali del popolo di Maletto, che versava in condizioni di vita molto precarie e, che, appunto nella seconda metà dell'800, dopo oltre 300 anni, rischiava di scomparire come popolo, come già era successo altre tre volte nel periodo medioevale, a causa della mancanza di adeguato lavoro e di condizioni minime di vita che consentissero una sopravvivenza seppure stentata.
In questo contesto di estrema miseria per la massima parte della popolazione, Mons. Palermo, "con travagli e stenti, sacrifici inenarrabili, soprappensieri ed anche amarezza incredibili...",come lui stesso scrive, riuscì a realizzare la costruzione della Chiesa Madre, la maggiore realizzazione edilizia mai fatta a Maletto fino a quel tempo. Riuscì, inoltre a realizzare un'altra opera, forse più grande e cioè, ridare dignità e moralità cristiana a un popolo che dibattendosi in mezzo a numerose difficoltà di vita, aveva necessità di una sua autorevole guida che lo reggesse e indirizzasse. E difatti, Mons. Palermo nel 1854 arriva a Maletto ove trova "una desolata vigna", come la definisce il Vescovo Regano; riparte da Maletto nel 1881 e lascia "una Badia, modello dell'Arcidiocesi", come la definisce l'Arcivescovo Dusmet.
Questo grande personaggio, la cui opera di carità si dispiega con rinnovato vigore, come vescovo prima di Lipari e poi di Piazza Armerina, ricordato oggi, a Maletto, soltanto dall'intitolazione di una strada e da un medaglione in marmo nella chiesa Madre, è stato tolto dal buio della dimenticanza e viene riportato alla luce che merita, dalla ricerca effettuata da padre Nino Galvagno che, per questo lavoro, merita da parte di tutti coloro che si interessano di storia e da parte di tutti i malettesi in particolare, un’espressione di gratitudine e un profondo ringraziamento.
Giorgio M. Luca