AccessibilitàAccessibilitàAccessibilità MappaMappa del sitoContattiContattiProgetto SISC

S. Antonio di Padova a Maletto

 

Scarica il file in formato pdf
                     

S. Antonio di Padova, nacque a Lisbona nel 1195 e morì a Padova nel 1231 ad appena 36 anni. Da giovane entrò nell'ordine dei canonici agostiniani, prima a Lisbona e poi a Coimbra, ove studiò profondamente le sacre scritture e divenne sacerdote.  Attratto dal modello di vita e dal martirio di alcuni frati francescani, abbracciò anch'egli la povertà` e l'esempio di S. Francesco d'Assisi, divenendo un grande predicatore contro le eresie del tempo e i sorprusi dei potenti, in difesa dei poveri e compiendo grandi prodigi. La sua azione si svolse principalmente nel Nord Italia e nel Sud della Francia, fondando conventi ed insegnando nelle nuove università`.
 La sua vita fu un modello di santità, di povertà e di carità e ancora prima di morire il popolo lo chiamò "Santo". Infatti, entro un anno dalla morte fu proclamato Santo e nel 1946 "Dottore della Chiesa". Per otto secoli è stato un potente intercessore dei poveri, degli ammalati e degli oppressi.
Oggi è il santo più popolare della cristianità e il più conosciuto nel mondo, anche fra i non cristiani.
Il giovane popolo di Maletto, in via di formazione dagli inizi del 1600 e in cerca di una sua identità, incontra questo santo verosimilmente durante la colata lavica del 1651/64 che seppellì sotto un fiume di fuoco una gran parte del vicino paese di Bronte. La tradizione popolare di Maletto vuole che per fermare la colata lavica, i brontesi portassero in   processione la statua   di S. Antonio   che abbandonarono in aperta campagna con del fieno e dell'orzo postogli innanzi e fuggirono. Passando nei pressi dei malettesi di ritorno dalla transumanza, presero la statua e la portarono a Maletto, ove fra grandi accoglienze, il popolo proclamò S. Antonio protettore del paese.
  Questa è la tradizione che però non è  supportata da documenti o testimonianze attendibili dal punto di vista storico. Gli elementi certi, invece sono: la colata lavica che durò tre anni, dal 1651 al 1654 e che seppellendo tutta la parte occidentale di Bronte, distrusse anche l'eremo di S. Antonino il Vecchio, esistente nella omonima contrada. Durante la stessa colata lavica, un'altra chiesa, quella di S. Antonio di Padova, ancora oggi esistente, nel   centro urbano di   Bronte, fu circondata dalla lava che distrusse il tetto e la porta, non toccando invece l'interno. A ricordo dell'evento vi fu posta una lapide. In tutte le successive o precedenti colate laviche a Bronte, non   stata mai interessata alcuna chiesa di S. Antonio. Da ciò si può ragionevolmente desumere che la tradizione popolare circa il prelievo della statua sia da collocare storicamente negli anni 1651/54 e che la stessa sia proveniente o dall'eremo di S. Antonino il Vecchio, da ciò l'appellativo dato fino a pochi anni fa a tale statua, oppure che la stessa sia proveniente dalla chiesa di S. Antonio e che l'appellativo "Vecchio" sia in contrapposizione al "Nuovo" attribuito alla statua in seguito, donata dal Principe, circa un secolo dopo. A testimoniare l'origine brontese del culto di S. Antonio a Maletto, ancora oggi, in occasione della sua festa, numerosi fedeli di Bronte accorrono a Maletto a pregare, invocare il Santo e partecipare alla sua festa.
Comunque sia andata la vicenda, il fatto certo è che già dalla fine del '600, il culto popolare per S. Antonio di Padova si consolidò profondamente e crebbe di anno in anno fino ai nostri giorni.
         A convalidare l'origine brontese di tale culto, da allora e fino ad oggi, il popolo brontese mantiene una grande devozione per tale santo ed in occasione della annuale festa accorre in massa a Maletto. Fu chiamato popolarmente "S. Antonino", forse dall'originario S. Antonino da Bronte, e gran parte dei malettesi cominciarono ad adottare tale nome, riferendosi per a S. Antonio di Padova. Del resto, nel meridione d'Italia  universalmente usato il nome "Antonino" con riferimento al Santo di Padova.
Il periodo dal 1600 al 1700 fu attraversato da grandi calamità, carestie, pestilenze, disagi di ogni genere, che misero a dura prova il popolo malettese. In tali traversie il popolo di Maletto si legò ancor di più al suo Santo, che divenne così definitivamente il protettore al quale ogni persona si rivolgeva per essere aiutata a superare le avversità della vita, allora molto dura.
S. Antonio dunque rappresentò per il popolo di Maletto, che si andava formando, la sua bandiera, il suo simbolo, la sua trovata identità, che cercava in qualche modo di contrapporre a quella del Principe, il quale a Maletto rappresentava  tutto, la proprietà, la ricchezza, la vita e la morte, la sopravvivenza sufficiente o  stentata per ogni persona  e dal  cui volere dipendeva  ogni cosa. Ed  ecco la  naturale  e spontanea contrapposizione tra il Principe e padrone da un lato e il popolo  servo dall'altro, che a  livello religioso  si  estrinsecava  tra  S. Michele  Arcangelo, l'originario Patrono di  Maletto, il santo  del Principe e  S. Antonio di  Padova, il santo del popolo, che con  l'andare  del tempo  assumeva il  ruolo  di  Patrono  e protettore di Maletto.  Certamente questa  contrapposizione non assunse  mai toni aspri o palesemente conflittuali, poiché la  famiglia Spadafora non fu mai  crudele col popolo, bensì, in considerazione  dei tempi  fu anche generosa e  munifica  con tutti.
Per fare fronte alle esigenze della accresciuta popolazione che era passata dai 224 abitanti del  1646 a circa  1500 unità alla fine del  1700, il Principe  Muzio Spadafora Moncada, negli anni  1783/86 fece  costruire la Chiesa di  S. Antonio  di Padova, cedendo gratuitamente l'area edificabile sotto  il Castello e  riservandosi il diritto di  patronato. Donò, inoltre, le due artistiche  statue di  S. Antonio  di Padova e S. Vincenzo Ferreri, in legno  di pescepane, fatte scolpire a Palermo  allo scultore Bagnasco. Dal 1786 quindi, si consolidò anche la festa di S. Antonio, della quale prima non si hanno notizie certe, ma che sicuramente doveva tenersi.  Il giorno ufficiale della festa del Santo   il 13 giugno, ricorrenza della sua morte, che per a Maletto ha un carattere più spiccatamente religioso, con la tredicina che si conclude con la benedizione degli abitini di S. Antonio e la distribuzione del pane. Quest'anno la ricorrenza arricchita da altre iniziative come gli incontri rionali e la processione della reliquia.
La festa popolare, invece, fu stabilita, fin dall'inizio, la seconda domenica di settembre per consentire il raccolto estivo, in quanto il popolo allora era in grado di dare solo offerte in frumento, segala o altri prodotti agricoli che si raccoglievano in estate. Il Principe, oltre alle due statue, fece costruire a Palermo anche l'artistica "vara", di recente restaurata assieme alle due statue, mentre il supporto sottostante, il cosiddetto "baiardo"   fu costruito a Maletto. Donò, inoltre, una salma di terreno per il mantenimento dell'altare e per la festa di S. Antonio.
Dal 1786 in poi, la statua dei brontesi, portata a Maletto un secolo prima, che era chiamata "Sant'Antuninu u vecchiu", fu usata per la questua e era portata in giro per il paese durante il giorno, con la musica e ornata anche con grappoli d'uva dei pergolati allora diffusi nelle case o con vasi di basilico; S.Antonino "il Nuovo", invece, considerato malettese, veniva e viene   portato in   solenne processione la sera della domenica sulla vara.
La vita popolare di un tempo, manifestava usi e consuetudini semplici in un avvicendarsi di giorni alquanto tribolati, legati alla clemenza del tempo che sovrintendeva, quasi esclusivamente, alla consistenza o meno del raccolto. Da ci sorse la preghiera ai santi per la pioggia e per la cessazione della stessa quando era eccessiva. Questa esigenza già avvertita durante il 1500 e i primi anni del 1600 con la preghiera a S. Venera, si trasferì successivamente  nella preghiera  a S. Antonio per  fare smettere  di piovere  o  a S. Vincenzo  per  fare  cessare  la siccità. Queste intense preghiere popolari si  manifestavano con processioni  fuori del centro abitato.
  Scarsi i guadagni, l'analfabetismo quasi totale, la  vita quotidiana trascorreva essenzialmente in  famiglia, senza  troppe  pretese, imperniata sul  lavoro  e  sul rispetto costante di tradizioni ed abitudini che nessuno osava nemmeno mettere  in discussione.
  La monotonia era interrotta dalle festività religiose, e quella di S. Antonio era la più grande e la  più attesa; unico momento  per attingere ai  magri risparmi  al fine di figurare decentemente in pubblico con vestito e scarpe nuove e portare  un pò di  lusso  a  tavola  (si  fa  per  dire), arricchita da  maccheroni, un  pò di carne, qualche dolce  fatto in  casa etc. 
La  festa di  S. Antonio   è stata sempre celebrata dalla gente di Maletto come  un momento essenziale della propria  storia ed   stata  la  trama principale, il perno  significativo  dello  scorrere  lento dell'intero anno solare, ecco  perché  era attesa, preparata  e vissuta  intensamente nel privato oltre che attraverso uno spiccato culto esterno.
  Durante tutto l'800 e fino ad oggi, la festa si  è sempre svolta, ad eccezione dei periodi delle  guerre  mondiali, rappresentando  il  punto  più  alto  di unità  e concordia dei malettesi. Il Santo taumaturgo  stato negli anni via via sempre più venerato e numerosi sono stati  gli interventi miracolosi nelle  malattie e  negli incidenti. Veniva anche invocato per placare  i temporali, esponendo la statua  alla porta della chiesa e suonando ininterrottamente la campana, anche di notte.
         Fino a non molto anni fa si iniziava la questua nelle aie durante la trebbiatura e il sabato  per le  vie del paese  con  la statua  vecchia, al suono  della  banda musicale, raccogliendo principalmente  frumento che  poi veniva venduto  per  fare fronte alle spese. Per il  resto oggi la  festa popolare di settembre si  svolge come negli anni passati. Organizzata  da apposito comitato, ha inizio già dal giovedì con festoso suono di campane e  sparo di mortaretti. Segue  la  tradizionale fiera del  bestiame, il  venerdì  che  prima continuava anche il sabato. Il paese  viene illuminato con straordinari giochi  di luci che rendono particolare l'atmosfera.  Arriva la  banda musicale  che  esegue concerti nella piazze e una volta anche sul palco appositamente allestito. Durante la domenica, dopo la celebrazione della messa, di solito all'aperto, di fronte alla chiesa, la statua di S. Antonio viene  sistemata sulla vara ed esposta  in chiesa  e diventa meta di incessante pellegrinaggio da parte dei fedeli che rendono  omaggio e preghiere al Santo offrendo anche oggetti preziosi come ex voto. Il culmine della festa  la  solenne processione, la  sera, dopo la  messa vespertina. La  vara  viene illuminata ed infiorata; portata a spalla da circa 50 fedeli, per devozione o  per voto, prenotandosi il "posto" mediante un fazzoletto legato alle barre del  pesante "baiardo".  L'equilibrio  della vara  e  la  sua  direzione, onde  consentirle  il districarsi in mezzo  alle strette  ed antiche viuzze  del centro  storico, vengono assicurate  con lunghe   corde, tirate  da   gente  esperta, che  le   conserva   a casa, tramandandole da padre in figlio.
   All'uscita ed  all'entrata  della vara, vengono  eseguiti  grandiosi spettacoli pirotecnici che misurano tradizionalmente la  riuscita della festa. La  processione segue sempre  un antico  percorso, detto  "la via  dei santi", recentemente  un  pò variato per adeguarlo alla crescita urbanistica del paese. Partecipano centinaia di fedeli che, spesso scalzi, portano  un cero acceso come  ex voto  e che  stando  al numero sempre  crescente, testimoniano l'aumento  degli interventi  miracolosi  del santo. Durante la processione  i portatori inneggiano  a S. Antonio  incoraggiandosi anche per il grande sforzo fisico sostenuto e se  la banda smette  di suonare  si fermano e tornano indietro, fintantoché la musica ricomincia. Fino a qualche anno fa i soldi delle offerte  venivano  appesi a  dei nastri, cosicché  alla  fine  della processione   la   statua  era   interamente   rivestita   di banconote. Molto opportunamente, tale usanza  stata abolita ed  ora le offerte vengono riposte  in una cassetta di vetro posta ai piedi della statua.
   Questo aspetto  esteriore  del culto  di S. Antonio, che  si  tramanda  da oltre duecento anni, riflette  la  religiosità  popolare, seppure a  volte  in forme  non perfettamente spirituali, per  una tradizione  antica e consolidata  e come  tale continua, espressione di  devozione e  venerazione verso S. Antonio  da  parte  del popolo di Maletto, che proprio durante  la festa trova un momento  di concordia  ed unità.
 
Maletto, Giugno 1995

Giorgio M. Luca
 

 
(da Logos dell’11.6.1995 - Avvenimenti e personaggi nella storia di Maletto - di Giorgio M. Luca)

 
 
 
 

 
 
 
 
 
 

 
APPENDICE
 
Conto Di Introito  ed Esito del Procuratore di S. Antonino per la Celebrazione della di Lui Festa
per l’Anno 1836
 
CONTO DI INTROITO ED ESITO CHE PRESENTA MASTRO MARIANO MINISSALE QUAL TESORIERE DELLA FESTA DEL GLORIOSO S.ANTONIO DI PADOVA ELETTO DA QUESTO MOLTO VENERANDO PARROCO ABBATE D.ONOFRIO PONZO DI QUESTA COMUNE DI MALETTO.

 
 

INTROITO ESITO
 
Formento di elemosina                             Salme               7.4 Gioco di foco Onze           8.--.--
Prezzo di detto formento                          Onze         18.14.-- Mascoli “             2.10.--
più form. di vendita  salme 15.                     “              2.13.-- Banda “             4.15.--
Vino                          salma  1                          “              2.14.-- Apparato “              4.--.--
Segala                       salme  3                         “            4.26.15 Tamburi “             -.21.--
Tomazzo s. 14                                                 “              -.21.-- Cera “             3.26.--
Orzo                          salme 1.8                       “             1.18.-- Sagristano “              -.5-.--
Questua ind. giorno di festa                           “             1. --.-- Preti “              1.--.--
  Onze         33.6-.15 Panegirico “            -.12.10
    Antenna “             -.10.--
    Ligname di Gioco di foco “             -.18.--
    Canne “             -.--.10
    Vetture per trasporto dell’apparato e cera “           --.12.--
    Carne “            1.10.--
    Pasta “             -.9-.--
    Formento macinato per la banda, tamburi mascolaro ed apparatoraro “            1.15.--
    Vino “            1.16.--
    Tomazzo “           -.25.10
    Compra di chiodi, rimanelli e cordina “             -.6-.--
    Per permesso “             -.9-.--
    Per la vettura della questua “            2.16.--
      Onze   35.3-.10
 

 
 
 
 
UNIONE
Introito                               Onze  33.6.15
Esito                                   Onze  35.3.10
Sommano                           Onze  68.10.5
 
Resta creditore il detto mastro Mariano Minissale di onze 2.3.5
 
MARIANO MINISSALE
 
(Nota: i valori di riferimento del periodo fino al 1861 sono – Onza 1 = Tarì 30 = Grani 600, pari a L.12.75)